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La Robotica

 

Intelligenza artificiale e Big Data.

Così i robot cambiano il lavoro ecco cosa ne esce dal rapporto-shock di McKinsey, che ha esaminato 2000 funzioni di 820 mestieri: con gli ultimi avanzamento tecnologici, il 49% è soggetto a sostituzione almeno parziale. Un miliardo di posti a rischio nel mondo, 54 milioni in Europa

Un piano Industria 4.0 a livello globale.

Non più solo robot ma intelligenza artificiale, Internet of things, Big Data, macchine che imparano da sole, reti digitali. “C’è un’accelerazione brusca e probabilmente decisiva nel trasferimento delle attività umane alle macchine”, sentenzia lo storico dell’economia Giuseppe Berta. Automazione non più solo in fabbrica ma in banca, al negozio, per strada, in cantiere, in casa. “È una rivoluzione pari per importanza alla rivoluzione industriale del XIX secolo in Inghilterra e in America”. E il lavoro che fine farà? Nessuno è ottimista. I l precedente della rivoluzione industriale direbbe che centinaia di milioni di persone sono uscite dall’agricoltura per andare a fare i lavori più impensabili a quei tempi, insomma un colossale cambio sarebbe possibile. “Ma questa rivoluzione, figlia della rete, è ancora più radicale e invasiva”, dice Berta, docente alla Bocconi. “La creazione di nuove occupazioni non compenserà la perdita di quelle soppiantate dalle macchine. Tanto più in un Paese come il nostro che ha una crescita così scarsa”. Che il risultato finale di questa rivoluzione sia destinato a tenerci con il fiato sospeso lo conferma un massiccio studio della Mc-Kinsey datato Maggio 2017: A future that works: automation, employment and productivity. Vi si legge che il 49% delle attività umane “è soggetto a qualche forma di automazione “. A una conclusione simile (il 47%
dei lavori sostituibili) sono giunti Benedikt Frey e Michael Osborne della Oxford University, che a loro volta hanno appena sfornato un rapporto analogo, e l’Ocse citata dal Governatore Visco nella sua relazione scorsa – indica percentuali analoghe.

Duemila attività
La McKinsey è scesa nel dettaglio analizzando 2000 attività in 820 tipi di lavoro. Conclusione, oltre a quella che in metà delle attività entrerà l’automazione: “Per il 60% di tutti i lavori è automatizzabile almeno il 30% delle funzioni”. I lavori totalmente automatizzabili come i cucitori e i raccoglitori agricoli non superano secondo il rapporto il 5% del totale. Ma una percentuale ancora inferiore riguarda quelli “per nulla automatizzabili”, fra i quali la McKinsey inserisce gli psichiatri e a sorpresa i deputati. Secondo lo studio, in tutto il mondo 1,2 miliardi di posti di lavoro sono sostituibili – in tutto o in parte – con le tecnologie oggi disponibili a livello commerciale, di cui 700 milioni in India e Cina. Il totale globale degli stipendi coinvolti è di 14,6 trilioni di dollari. Nei soli cinque Paesi europei esaminati – Francia, Germania, Italia, Spagna e UK – i posti full-time a rischio sono 54 milioni, pari a un monte stipendi di 1.700 miliardi. E queste classificazioni non comprendono tecnologie praticamente pronte ma ancora in fase sperimentale, come le auto senza pilota o i droni per il trasporto umano. Il contraltare positivo è che la produttività nei Paesi industrializzati è in grado di crescere da quest’anno in una misura che va dallo 0,8 all’1,4% ogni dodici mesi. “Sembra una percentuale bassa ma in realtà in essa è insito un gran numero di nuovi posti di lavoro che possono nascere grazie all’automazione, e sono posti più qualificati, gratificanti e addirittura meglio pagati”, ci spiega dalla sede londinese Paul Willmott, senior partner di McKinsey & Company e co-responsabile della divisione digitale del gruppo che ha realizzato lo studio. Sulla misura in cui i posti nuovi compenseranno quelli persi, la McKinsey è prudente.Però scrive: “Una volta superata la cruciale fase attuale, la creazione di nuovi posti figli della tecnologia sarà esponenziale: nel 2065 si sarà raggiunto un numero di posti aggiuntivi fra gli 1,1 e i 2,3 miliardi”. L’importante, riprende Willmott, “è che i governi si rendano conto della portata del cambiamento e collaborino con le aziende nella riprogrammazione del training dei lavoratori”. Non c’è da perdere tempo, “perché la tecnologia non aspetta nessuno”, ma neanche, secondo Willmott, da stracciarsi le vesti anzitempo: “Il nostro rapporto va letto in positivo. Intanto perché è proiettato sul medio- lungo termine. Per gran parte dei cambiamenti che identifichiamo la prospettiva temporale è di dieci- vent’anni. Le auto senza pilota, uno degli sviluppi più appariscenti, avranno ancora bisogno di tempo per essere introdotte. Ma tutto ciò non significa che bisogna fermarsi, la tecnologia non aspetta. Eppure in Europa, dice l’analista, l’automazione può rappresentare una forza intrinseca importante, “che permetterà grandi salti qualititivi nelle produzioni e una miglior qualità della vita per quanti, magari sottratti a lavori umili e faticosi, avranno saputo con coraggio rimettersi in gioco cambiando settore”.

Una Nuova rivoluzione Industriale
Nella storia è possibile individuare diverse rivoluzioni industriali, avvenute quando nuove tecnologie e nuovi modi di percepire il mondo hanno innescato cambiamenti nei sistemi economici e nelle strutture sociali. Questi cambiamenti hanno richiesto tuttavia diversi anni per dispiegarsi completamente. Secondo gli esperti in materia, la prima rivoluzione industriale va dal 1760 a circa il 1840 ed è stata caratterizzata dal motore a vapore, dalle ferrovie, e dalla produzione meccanica; la seconda va dalla fine del XIX secolo agli inizi del XX, caratterizzata da elettricità, catena di montaggio, produzione di massa; la terza è iniziata negli anni ’60 del secolo scorso ed è stata caratterizzata dai computer (rivoluzione digitale) e quindi dall’avvento di Internet (anni ’90).

Oggi molti ritengono che siamo all’inizio della quarta rivoluzione industriale caratterizzata dalla rete Internet diffusa ovunque e su sistemi mobili, da sensori sempre più piccoli, potenti ed economici, dall’intelligenza artificiale e dall’apprendimento automatico. Due professori del prestigioso istituto MIT (Massachusetts Institute of Technology) hanno definito questo periodo come la “seconda era delle macchine” (2014), caratterizzata proprio dalla crescente sofisticazione e integrazione delle tecnologie digitali, in grado di trasformare la società e l’economia globale. L’aspetto interessante è che questo cambiamento viene considerato repentino e in grado di produrre cose inedite. In Germania si è incominciato a parlare di “Industry 4.0” (2011): fabbriche intelligenti in un mondo in cui i sistemi fisici e virtuali collaborano globalmente e in modo flessibile. Questo consente l’assoluta personalizzazione dei prodotti e comporta la definizione di nuovi modelli operativi.

Cosa ne consegue per le imprese? Di sicuro i leader (manager) dovranno essere in grado oggi di preparare le proprie risorse aziendali al cambiamento repentino, dal momento che la concorrenza anche cambierà repentinamente. Nuove imprese si affacceranno sul mercato e grandi imprese ben consolidate invaderanno altri mercati fuori del proprio core business tradizionale. I leader dovranno anche essere in grado di sviluppare modelli educativi per lavorare mediante e insieme a macchine intelligenti, connesse e con capacità sempre crescenti. L’automazione è un chiaro fattore della rivoluzione in atto. Secondo una ricerca dell’Università di Oxford (2013), le figure professionali meno a rischio di automazione saranno quelle che richiedono capacità sociali e creative.

In particolare, coloro che decidono in condizioni di incertezza o che sviluppano idee innovative. I business leader e i manager di impresa avranno quindi un ruolo fondamentale nella configurazione di nuovi tipi di impresa in quest’era della quarta rivoluzione industriale, in cui velocità e agilità saranno le parole chiave per il successo. Le tendenze in atto portano infatti non solo alla centralità del cliente, ma al trasferimento del “potere decisionale” (empowerment) al cliente. Le tecnologie abilitano un cosiddetto “now world”, ossia un mondo che vive e sceglie “adesso” e che esige il vero “realtime”.

Le tecnologie emergenti

Nel contesto in atto delineato sopra, vogliamo analizzare alcune delle tecnologie emergenti più impattanti per il settore della logistica. Non si vuole essere esaustivi, ma fornire i principali elementi conoscitivi che consentano di prefigurarsi gli impatti prevedibili.

Stampa 3D

Anche conosciuta come addictive manufacturing (AM), la stampa 3D è considerata una delle più grandi novità nelle tecnologie di produzione degli ultimi anni. Ha catturato l’immaginazione del pubblico e del settore produttivo come niente altro dall’invenzione del PC e di internet.

In alcuni anni, la tecnologia si è così evoluta che oggi è possibile produrre praticamente qualsiasi cosa usando metalli, plastica, materiali compositi e anche tessuto umano. Ha forzato i progettisti a ripensare alle tecniche di sviluppo. Il principio di funzionamento originale è il processo di deposito sequenziale di materiale mediante teste stampanti a getto. Oggi la tecnica include anche l’estrusione e processi di sinterizzazione.

IoT – Internet of Things

L’internet delle cose o Internet of Things (IoT) è una visione del mondo nella quale qualsiasi oggetto può trasmettere e ricevere dati da Internet. Si tratta di sensori intelligenti in grado di comunicare sia M2M (machine-to-machine, da macchina a macchina) e M2H (machine- to-human, da macchina a essere umano). Si stima che nel 2020 più di 26 miliardi di apparati saranno in grado di comunicare via Internet (Gartner). L’azienda Cisco ha stimato che il mercato dell’IoT aggiungerà un valore pari a 14.000 miliardi di dollari all’economia globale, con un fatturato incrementale di 310 miliardi di dollari per le imprese. L’inserimento di sensori in qualsiasi oggetto e apparato consentirà di raccogliere dati in tempo reale, abilitando un monitoraggio quanto mai preciso di tutti i processi di business, dalla produzione, alla movimentazione (trasporto e logistica) e alle vendite. Perché IoT possa essere implementato con successo, un’azienda deve necessariamente sapere che: il valore dell’IoT non è nella tecnologia ma nei nuovi modelli di business e servizi che possono essere sviluppati; la disponibilità e l’accesso ai dati sarà democratico e terze parti potranno apprendere cose di cui un’azienda non si accorge; la standardizzazione porta alla ripetibilità e al miglioramento delle previsioni; i sensori non durano per sempre; la qualità dell’informazione dipende dalla qualità e affidabilità dei sensori; i dati per essere utili necessitano di essere contestualizzati; la quantità di dati richiederà adeguate infrastrutture informatiche; IoT si regge sulla integrazione e fruizione dei dati raccolti dai sensori.

Droni e veicoli automatici

Un drone è un velivolo senza pilota che può essere controllato a distanza o lasciato volare autonomamente attraverso piani di volo controllati da software. I droni sono leggeri, piccoli, operativamente poco costosi e possono raggiungere luoghi irraggiungibili per altri modi di trasporto. I veicoli a guida automatica stanno mostrando un grande potenziale anche per la logistica e il trasporto merci. Storicamente i cosiddetti AGV (automated guided vehicles) hanno caratterizzato molte fabbriche e magazzini, nonché banchine portuali. Oggi gli sviluppi delle case costruttrici portano a veicoli automatici in grado di muoversi sulle strade. Audi, BMW, Daimler, GM e molti altri, ritengono che già dal 2020 molti dei veicoli che vendono possano muoversi autonomamente.

Realtà aumentata

Questa tecnologia consiste nell’arricchimento della percezione sensoriale umana mediante informazioni, in genere elaborate e presentate elettronicamente, che non sarebbero percepibili con i cinque sensi. Il cruscotto dell’automobile, l’esplorazione della città puntando lo smartphone, la chirurgia robotica a distanza, sono tutti esempi di realtà aumentata. Anche se oggi è ancora immatura, nel futuro le aziende ne faranno più ampio uso per migliorare le proprie decisioni e i processi lavorativi. Nel mondo virtuale, gli operatori impareranno ad interagire con le macchine cliccando su rappresentazioni virtuali. Saranno anche in grado di cambiare parametri e recuperare dati e istruzioni per la manutenzione dei veicoli, ad esempio.

Le implicazioni per la logistica

La tecnologia è stata sempre la forza che ha guidato la logistica nel suo sviluppo degli ultimi decenni. Mentre nei secoli scorsi è stato lo sviluppo dei mezzi di trasporto e delle infrastrutture a consentire un trasporto delle merci più veloce, più massivo e più economico, oggi l’avvento dei computer e di Internet ha rivoluzionato l’industria logistica e ne sta segnando il futuro abilitando concetti quali velocità, accuratezza, sicurezza e consegne “seamless” (alla lettera senza soluzione di continuità).

La stampa 3D tende a “democraticizzare” i processi produttivi. Si va verso la “stampa a domanda”, con il conseguente accorciamento della supply chain e la riduzione sostanziale delle scorte in magazzino e dei magazzini periferici. I fornitori di servizi logistici del futuro consegneranno materie prime invece che prodotti finiti e molti forniranno servizi di stampa 3D proprio nei punti di consegna, sviluppando una fonte di guadagno complementare. La visibilità è uno dei più grandi problemi delle merci in viaggio. L’applicazione dell’IoT renderà possibile tenere traccia dei singoli item (pacchi, container, confezioni sfuse, …) e delle loro condizioni.

L’IoT impiegherà l’identificazione a radio frequenza (RFID) per far sì che i diversi item possano “dialogare” tra di loro. I sensori di cui ciascun item disporrà, trasmetteranno dati identificativi della merce, la posizione, la temperatura, la pressione locale e l’umidità. In questo modo le merci non andranno più perse o dirottate, dal momento che ciascun item trasmetterà la propria posizione. I rischi di danneggiamento saranno ridotti. Ogni item sarà anche in grado di fornire ad una centrale di controllo i dati relativi al trasporto: dati di guida, condizioni di traffico, velocità. La visibilità di tutte queste informazioni in tempo reale consentirà ai 3PL di migliorare le proprie prestazioni e quindi la propria redditività.

L’uso dei droni per consegnare piccoli pacchi velocemente in campo urbano o in aree remote sarà uno dei servizi innovativi dei 3PL. La velocità e precisione di tale tecnologia consentirà di accorciare la supply chain e di ridurre significativamente il costo di trasporto. Le uniche cose che ostacoleranno l’uso dei droni riguardano gli aspetti legali, la sicurezza, le limitazioni di peso e dimensione del carico trasportabile. I veicoli a guida automatica mostrano un grande potenziale per la logistica. L’abilità di “sentire” l’ambiente e muoversi senza intervento umano rende gli autocarri del futuro un mezzo ideale per la consegna dei prodotti ai clienti. Tenendo presente che gran parte del costo del trasporto è rappresentata dal costo dell’autista, i 3PL potranno sostanzialmente ridurre i costi di consegna. Ulteriori vantaggi sono: i veicoli automatici guidano meglio (meno rischi di incidenti), non si ubriacano, non fanno a gara con altri veicoli, non perdono concentrazione parlando al telefono. Anche in questo caso, però, la normativa potrebbe essere un fattore che ne influenza l’uso.

La realtà aumentata consentirà ai 3PL di recepire informazioni critiche sulla merce che trasportano o movimentano, relative ad esempio al contenuto, al peso e alla destinazione. La visibilità ottenibile mediante questa tecnologia migliorerà l’handling (picking più veloce e affidabile), aumenterà la velocità del processo di consegna e ne ridurrà il costo totale.